Anni fa tenni un seminario sul processo di empowerment, cui partecipò una donna sulla cinquantina, molto taciturna. Chi la conosceva affermava che non si schierava mai, non prendeva mai posizione su nulla. Scavando a fondo scoprii che apparteneva a una famiglia che riteneva che lei, in quanto donna, non avesse niente di intelligente da dire e, quindi, ogni volta che apriva bocca per esprimere la sua opinione su qualcosa veniva redarguita, se non addirittura schiaffeggiata. Per sopravvivere a un contesto così doloroso questa donna ha sviluppato un tratto caratteriale molto taciturno, che le garantiva protezione. Il punto nevralgico del discorso è il seguente: prima di potenziare in lei un tratto caratteriale che onorasse il suo sacrosanto diritto di esprimere le proprie opinioni occorreva mettere il suo sistema persona in sicurezza, ossia assicurarsi che esortarla a esprimere le proprie opinioni non significasse esporla a un contesto di colpi e schiaffi. Solo dopo aver trovato un modo alternativo di proteggere la sua vulnerabilità era razionale dedicarsi a valorizzare quello che fino a quel momento aveva represso.
Perché scrivo questo? Perché ogni persona ha una storia personale unica e inimitabile che va conosciuta a fondo prima di andare a rompere precedenti equilibri consolidati. Nei miei corsi di potenziamento personale cerco di dedicare a ogni partecipante la massima energia, nell’intento di valorizzare l’unicità di ognuno. Per questa ragione i miei seminari si rivolgono a un numero limitato di persone (massimo 10-12). Sto attentissimo a quello che dico, cercando di concentrarmi non solo sui concetti che voglio esporre, ma anche sui modi diversi in cui può essere interpretato quello che dico, che può generare reazioni diverse a seconda del contesto di riferimento di ogni persona. Sicuramente anche io farò errori, ma certamente dedico la massima attenzione all’unicità di ogni individuo e cerco di fare tutto quanto è necessario per rispettare la sensibilità di chiunque. Ritengo che se si vendono pentole si possono fare seminari con migliaia di persone, se ci si occupa di crescita personale occorre limitare al massimo il numero dei partecipanti.
Da poco ho partecipato a un meeting on line con un guru della motivazione e della comunicazione. Eravamo circa 600. Il guru della comunicazione è stato bravissimo per la sua capacità di tenere alta l’energia del meeting, musiche energizzanti ogni tanto accompagnavano la sua performance, applausi scroscianti registrati ogni tanto venivano mandati dalla regia, e così via. I concetti esposti nel meeting erano pure interessanti, ho tratto diversi utili spunti di riflessione, ma un interrogativo inquietante mi ha accompagnato per tutta la durata del meeting: il guru esprimeva dei concetti forti che potevano essere interpretati in tanti modi, senza minimamente degnarsi di appurare cosa le persone collegate stessero capendo di quello che lui stava dicendo. Molti concetti, se male interpretati, sarebbero potuti essere scambiati per esortazioni a fare investimenti finanziari di un certo tipo, con conseguenze potenzialmente pericolosissime senza le adeguate conoscenze finanziarie. Più lui parlava, più io restavo inorridito da quello che la gente poteva capire sui diversi ambiti della nostra esistenza, nel disinteresse totale del trainer.
Questo meeting ha rafforzato la mia convinzione che su tematiche del genere sia importante parlare massimo a 10-12 persone e entrare in contatto con la loro anima, non sparare nel mucchio indistintamente. Naturalmente una scelta del genere ha implicazioni economiche rilevantissime: chi fa un seminario con 10-12 persone “sceglie” di privilegiare la qualità dell’interazione, chi fa seminari con migliaia di persone sceglie di massimizzare la ricaduta economica del seminario. Dico questo perché spesso molti mi fanno la stessa obiezione: “quel guru ha la casa a Montecarlo, vive tra Londra e Dubai, ha una porsche, etc. Dove sono le tue case a Montecarlo, Londra e Dubai? Dov’è la tua porsche?”.
A tutti costoro rispondo oggi una volta per tutte: ho scelto di dare un taglio molto particolare ai miei seminari, e per quello che ho sopra scritto ritengo sia fondamentale limitare al massimo il numero dei partecipanti al seminario e creare un contatto tra anime. Faccio i complimenti a questi guru per i loro conti in banca, per le loro capacità di marketing, per la loro capacità di mettere in moto delle vere e proprie macchine da guerra che producono soldi a palate, ma ribadisco: la mia anima è molto lontana da questi approcci e chi viene da me sa che il focus del mio intervento non sarà il fatturato del seminario, ma la valorizzazione dell’anima dei miei interlocutori. In tal modo valorizzo anche la mia anima e questo è l’unico metro di valutazione rilevante ai miei occhi.