L’Italia femminile del volley vince a Parigi l’Oro Olimpico. Un capolavoro che ha un nome e un cognome su tutti: Julio Velasco. Prende in mano una nazionale disastrata e lacerata da conflitti interni, una nazionale capace di fare a meno di Paola Egonu per scelte tecniche (puoi fare a meno di Lebron James, di Maradona, di Djokovic per scelte tecniche???) e in meno di un anno la trasforma in un gioiello. La squadra scesa in campo oggi a Parigi per la finale è un esempio di solidità mentale messa al servizio di un grande bagaglio tecnico. In meno di un anno un gruppo di ragazze disunite è diventato una squadra, capace di entrare nella finale col coltello tra i denti e con una grande lucidità tecnico-tattica, mai sfociata in presunzione: tutte unite a pedalare con in testa solo l’obiettivo finale.
Certi particolari della finale andrebbero registrati e mostrati alle elementari per far vedere come si gioca e a tutte le scuole per allenatori per far vedere come si sta in panchina: Velasco continua a infondere calma e fiducia alle proprie giocatrici, mentre dall’altra parte della rete un immenso Karch Kiraly arriva a Parigi con uno staff di allenatori quasi superiore al numero delle giocatrici e nei time out lascia la scena ai propri assistenti. Piccoli particolari che non si possono comprare al supermercato, piccoli particolari che richiedono anni ed anni di allenamento culturale prima e mentale poi. Lo possono fare tutti? Si, ma certe cose non si possono improvvisare, devono essere allenate con la stessa intensità con cui si allena un movimento tecnico, e per farlo devi saper guardare bene dentro te stesso, individuare i tuoi demoni e saperli gestire, e questo non tutti lo sanno fare. Chi ci riesce a volte vince l’oro o l’argento olimpico, altre volte perde al primo turno ma lascia dietro di sé una scia di positività e di immensa cultura sportiva.