Oggi ripensavo ai tempi dell’Università. Mi sono tornati in mente due docenti in particolare. Uno si vantava che ai suoi esami nessuno riuscisse a prendere più di 20, l’altro agli esami creava un clima di terrore che spingeva gli esaminandi a non rispondere all’appello. Ogni mezz’ora il professore rifaceva l’appello per eliminare dalla lista quelli che di mezz’ora in mezz’ora (atterriti dal clima e dai pianti fuori dall’aula) si erano ritirati.
Visto con gli occhi di adesso il primo si stava vantando della propria incompetenza (se nessuno è in grado di prendere più di 20 vuol dire che come insegnante non sei capace di formare ragazzi in grado di superare il tuo esame), il secondo invece mi fa quasi pena. Conosco tanti colleghi che non si sono laureati per non essere riusciti a superare questi scogli e mi chiedo il perchè di tale accanimento. Quando sono in aula cerco sempre di sintonizzarmi sulla velocità del più lento, per consentire a tutti di capirmi. A volte il più veloce mi trova un po’ ripetitivo, ma preferisco annoiare il più veloce che perdere per strada il più lento.
Non so se la mia sia la soluzione più giusta, ma è quella che sento più giusta io. Allo stesso tempo mi chiedo: “Possibile che questa gente all’Università potesse fare il bello e il cattivo tempo così impunemente? Possibile che quello che oggi a me è così chiaro fosse così oscuro ai vertici dell’Università di quegli anni? E perchè nessuno ha mai mosso un dito per riportare su vie più umane questa gente? Io ogni volta che entro in aula oggi vengo valutato dai miei allievi con continui questionari di gradimento. Perchè non si è mai fatto ricorso a strumenti del genere all’Università? Spero che la situazione nelle Università italiane sia migliorata oggi e che questo resti solo uno sfogo in memoria dei tempi che furono”.